Narni, capriccio con il ponte di Augusto

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Appartenenza oggetto
Altrui
Categoria
Dipinto
Luogo di conservazione
Collezione privata
Materia e tecnica
olio su tela
Autore
Wilson, Richard (Penegoes, 1714 - Colomedy, 1782)
Datazione
sec. XVIII/ 1754 ca.
Dimensioni
cm 98,7 x 135,9

Descrizione breve

Riconosciuto dalla generazione romantica come uno dei fondatori della moderna pittura di paesaggio inglese, Richard Wilson nacque in una famiglia agiata, che gli consentì di studiare a Oxford e padroneggiare una buona cultura classica. Avviato alla carriera di ritrattista, l’artista scoprì la propria naturale vocazione per la pittura di paesaggio durante il soggiorno in Italia, in particolare grazie ai contatti con Francesco Zuccarelli e Claude-Joseph Vernet. Wilson giunse nel nostro paese nel 1750. Dopo un anno a Venezia viaggiò alla volta di Roma, dove visse dal 1752 alla fine del 1756-inizio 1757. In questo periodo il pittore si dedicò principalmente al disegno dal vero, raccogliendo un ingente numero di fogli di diversa tipologia, dallo studio dei particolari della vegetazione agli schizzi di paesaggio alle raffigurazioni più dettagliate dei luoghi della penisola. Il materiale divenne il repertorio da cui trarre spunto, una volta tornato in patria, nella produzioni di paesaggi ‘morali’, ispirati al ‘grande stile’ di Claude Lorrain e Gaspard Dughet, caratterizzati però una visione più sintetica e spontanea.

Il soggiorno di Richard Wilson in val ternana si data al 1751, quando, durante il viaggio da Venezia a Roma in compagnia di William Lock of Norbury e Thomas Jenkins, la comitiva si fermò nella zona di Terni.

Il dipinto non raffigura un luogo reale ma un paesaggio idealizzato caratterizzato dalla presenza di monumenti antichi celebri, in questo caso il ponte di Narni e il tempio della sibilla a Tivoli. Il quadro faceva pendant con un'altra composizione in cui comparivano la tomba deli Orazi e dei Curazi e la villa di Mecenate a Tivoli. David Solkin ha proposta una lettura delle due opere in chiave morale, laddove la presenza di elementi sepolcrali, legati al tema della morte, e di rovine di epoca sia repubblicana sia imperiale suggerisce una riflessione colta sulla decadenza dei valori antichi dall’epoca repubblicana alla prima età imperiale. Certo è che il quadro vuole essere un’evocazione del monto antico, una descrizione trasognata del paesaggio italiano come rievocazione dell’età dell’oro latina, costruita attraverso un aggiornamento, in forme semplificate, della tradizione del paesaggio classico seicentesco di Claude Lorrain e Gaspard Dughet.

Si conoscono altre due versione del dipinto, una passata in asta da Christie’s a Londra nel 1999, l’altra in collezione privata, di più piccole dimensioni e datata agli anni Sessanta del XVIII secolo.

Bibliografia

Bibliografia essenziale: Constable 1962, pp. 141-242, fig. 9; Richard Wilson 1982, pp. 189-190, n. 73.